I particolari del progetto Piacentini
Il nuovo Palazzo di Giustizia, che venne costruito al centro di una grande area di quarantamila metri quadrati -
occupandone da solo trentamila - era composto dai 25.900 metri quadrati della caserma di S. Prassede, dai 4.200 risultati
dall'esproprio di quattordici case private poste sul lato occidentale della via Luciano Manara e dai resti del complesso
delle suore agostiniane presso la caserma di S. Filippo, verso via Freguglia. A questo punto si provvide a nominare una
apposita commissione, presieduta dal senatore Pieto Alberici, primo presidente della Corte d'Appello di Milano, e composta
da magistrati e avvocati, incaricata di fiancheggiare il progettista con suggerimenti pratici e immediati sulle esigenze
del servizio e sulla conseguente distribuzione dei locali. Essa risultò di grande utilità nel fornire quelle informazioni
indispensabili per rendere l'opera d'arte anche un'opera funzionale e di pratica utilità.
In base ad indicazioni dell'epoca, possiamo seguire i particolari del progetto Piacentini per il nuovo Palazzo di
Giustizia, per il quale il Comune si era attribuito l'onere della spesa, calcolata in 120 milioni, dei quali 85 per la
costruzione, 5 per l'arredamento, 30 per gli espropri. I lavori, iniziati nel 1932, terminarono soltanto nel 1940, auspici
i podestà Marcello Visconti di Modrone, Guido Pesenti e Giacomo Gallarati Scotti. L'architetto Piacentini ebbe come valido
collaboratore l'architetto Ernesto Rapisardi, che seguì per i lunghi otto anni durante i quali durò la costruzione
dell'edificio, tutti i lavori strutturali e, inoltre, l'ufficio tecnico comunale diretto dall'ingegnere Giuseppe Baselli,
coadiuvato dall'ingegnere Beniamino Carnisio.
La grande e complessa opera di edificazione fu affidata all'impresa Garbarino-Sciaccaluga-Mezzacane, che portò a termine
scrupolosamente il suo gravoso compito. Vediamo ora come si sviluppa l'edificio al momento della costruzione.